Giornata mondiale dei suoli 2021: la salinizzazione e la vite
Fin dal 2014 il 5 dicembre ricorre la “Giornata mondiale del Suolo”, voluta fortemente dall’ONU per focalizzare l’attenzione sull’importanza della salute del suolo e sulla necessità di tecniche di gestione sostenibile.
La giornata di quest’anno vuole accendere le luci sul crescente problema della salinizzazione dei suoli (“Arrestare la salinizzazione del suolo, incrementare la produttività del suolo“). Secondo le stime FAO più di 833 milioni di ha di suolo sono colpiti da questo fenomeno (8.7% del Pianeta) che dipende sostanzialmente da condizioni climatiche, morfologiche, pedologiche ed idrologiche del territorio oltre che dall’attività antropica. I suoli contengono una certa quantità di sali. In condizioni climatiche caratterizzate da scarsa piovosità, questi sali non vengono lisciviati con continuità e si accumulano portando a conseguenze negative in termini di fertilità.
Se a questo aggiungiamo il fatto che in alcuni casi i suoli possono formarsi a partire da sedimenti contenenti in modo naturale composti salini, dalla degradazione di rocce ricche in ioni quali sodio, calcio e magnesio, oppure possono essere soggetti alla deposizione di aerosol marino, si capisce che molti territori (soprattutto in ambienti aridi e semi-aridi) possano essere soggetti a stress salino che comporta una notevole riduzione della produttività agricola.
Ai fattori cosiddetti naturali bisogna aggiungere anche l’attività antropica. Infatti, in zone con scarso apporto idrico, l’irrigazione viene effettuata usando acqua salmastra che non fa altro che arricchire i suoli di sali che portano ad innalzamenti di pH e flocculazione dei colloidi del suolo. Le zone più interessate dal fenomeno della salinizzazione sono localizzate in Africa, Asia ed America Latina, sebbene il problema riguardi anche vaste zona dell’Europa del sud.
Da ora è disponibile online la “Global Map of Salt-affected Soil (GSASmap), un WebGIS che permette di visualizzare le aree che presentano condizioni di salinità in superficie (0-30 cm) o nel sottosuolo (30-100 cm). http://54.229.242.119/GloSIS/
La salinizzazione è un problema che coinvolge anche i vigneti, infatti, anche se la vite (Vitis vinifera) è considerata una pianta moderatamente sensibile allo stress salino (tolleranza che può essere regolata attraverso la scelta di opportuni portainnesti anche di nuova generazione – come i p.i. della Serie M), l’eccesso di salinità può incidere sulla qualità delle uve e, conseguentemente, del vino che ne viene prodotto.
L’utilizzo di tecniche che mirano ad aumentare l’efficienza idrica del vigneto, come ad esempio quelle introdotte grazie alle ricerche del nostro progetto DRIVE LIFE, riducono la necessità di apporti idrici esterni e riescono ad ottenere risultati fondamentali nell’arginare gli effetti di tale fenomeno.
A proposito di suoli salini, va anche menzionato il fatto che in Italia sono presenti alcuni vitigni autoctoni particolarmente resistenti alla salinità come, ad esempio, la Dorona di Venezia. Cultivar lungamente confuso con la più diffusa Garganega di cui, invece, è un incrocio con un vitigno da tavola proveniente dall’Emilia Romagna, la Bermestia Bianca.
Come è facile intuire, il nome Dorona deriva da “d’oro”, descrizione che si riferisce allo splendido colore degli acini alla vendemmia. La sua prima attestazione documentale risale al 1903 anche se ci sono numerose evidenze documentali non dirette della sua coltivazione durante il periodo della Serenissima molto prima di questa data.
Vitigno decisamente resistente ai fenomeni dell’acqua alta e alla conseguente salinizzazione dei suoli – e quasi decimato all’inizio del secolo scorso durante una invasione delle acque del mare particolarmente accentuata e lunga – come è accaduto per il prosecco la cui storia ancor oggi riporta ampi passi inventati, anche la Dorona soffre di narrazioni un po’ fantasiose sull’unicità del vigneto in cui è stata trovata presso l’isola di Mazzorbo e sull’attuale esclusività della sua produzione da parte di un unico produttore.
In verità, la resistenza della Dorona alle acque saline della laguna, in suoli estremamente sottili e considerati “estremi” per i vigneti, si attesta anche in altre piccole zone della Laguna dove le produzioni di vino sono quasi a livello familiare, e quindi poco conosciute e di difficile reperibilità, anche se di apprezzabile qualità e ben note agli abitanti della zona.
Il vino che se ne ricava è molto particolare, con una marcata salinità che accentua le durezze e la sua persistenza gustativa. Le note di salmastro, di mare, di iodio, si mescolano a quelle di pesca e albicocca essiccata e ne fanno un vino decisamente unico.